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cervello stanco se non senti

Se l’orecchio non sente, il cervello si addormenta

Quando si passa troppo tempo in privazione sonora, l’orecchio si disabitua all’ascolto e nel momento in cui si decide di acquistare un apparecchio acustico è spesso necessaria una rieducazione alla comprensione: un training acustico.

La tecnologia ha portato oggi allo sviluppo di apparecchi acustici sempre più avanzati, in grado di fornire un valido aiuto anche nelle sordità più complesse da trattare. Tuttavia, se per un lungo tempo ci si è disabituati all’ascolto, nelle situazioni più complesse (dove sono presenti più suoni contemporaneamente) risulta difficile non solo sentire, ma anche comprendere.

Come il nostro cervello percepisce i suoni

La percezione di un suono da parte del nostro cervello segue diversi passaggi:

  1. le onde sonore vengono raccolte dal padiglione auricolare (orecchio esterno) e trasferite al condotto uditivo, il quale ha il compito di amplificarle;
  2. la membrana del timpano colpita dallo stimolo sonoro inizia a vibrare e a trasferire l’onda sonora attraverso l’orecchio medio e la catena degli ossicini all’orecchio interno, dove le cellule uditive (che sono le cellule nervose sensoriali dell’orecchio) la trasformano in impulsi nervosi elettrici;
  3. dall’orecchio interno questi segnali raggiungono il cervello attraverso il nervo acustico, e qui vengono elaborati dalle nostre sinapsi e identificati come suoni o come parole, ed è sempre a livello del nostro cervello che a ogni suono percepito viene associato uno specifico significato rendendo possibile il processo di “comprensione del suono”.

Dunque affinchè si possa riuscire a sentire e comprendere ciò che si sente, è necessario che tutte le parti di questa catena funzionino e collaborino alla perfezione.

Ipoacusia e percezione dei suoni

In presenza di una ipoacusia (deficit della capacità uditiva) si verificano ripetuti problemi nella conversione e nell’invio dei segnali acustici in impulsi nervosi per cui le sinapsi del cervello non sono in grado di ricevere ed elaborare completamente le informazioni acustiche che arrivano al nostro orecchio. Il cervello tenta quindi di compensare il deficit di informazioni ricevute attingendo a informazioni già presenti nella sua memoria, colmando i vuoti con parole o con significati che più si avvicinano al contesto e alla situazione presente, cosa che a volte funziona, ma che spesso finisce per causare fraintendimenti. Se mancano il contesto giusto e i valori empirici, nel peggiore dei casi possiamo addirittura non capire affatto.

Se per un periodo prolungato i nervi acustici e il cervello ricevono sempre meno informazioni sonore fino a non riceverne più, nel tempo perdono la loro funzione e la loro capacità di tradurre i suoni in qualcosa che abbia un senso e l’ipoacusia diventa “sintomatica” e fastidiosa per il paziente, il quale non riesce più a condurre una normale vita sociale e di relazione. Poiché si tratta di un processo lento e progressivo, la maggior parte dei soggetti con ipoacusia non si rende conto del proprio disturbo per lungo tempo o si rifiuta di farlo.

Trascorrono in media sette anni prima che gli ipoudenti identifichino l’ipoacusia come un problema e si rivolgano a uno specialista. Durante questi anni il cervello si disabitua a elaborare correttamente i suoni.

Perché e’ importante il training acustico

Se si trascura il deficit di udito e si decide di ricorrere all’uso di un apparecchio acustico dopo molto tempo dall’insorgenza dell’ipoacusia, si ottiene un miglioramento nella percezione dei suoni, ma la loro elaborazione continua a essere deficitaria proprio perché il cervello deve imparare nuovamente come si porta a termine questo processo, deve imparare nuovamente a riconoscerli: sentiamo ma non riusciamo a capire. Tutto questo si trasforma spesso in una sensazione spiacevole per il paziente che, non riuscendo a trovare beneficio in termini di miglioramento nella propria vita sociale o lavorativa, decide di abbandonare la protesi con un conseguente lento deterioramento della propria situazione uditiva.

Il training acustico ha proprio lo scopo di ripristinare mediante degli “allenamenti mirati” la capacità di elaborazione sonora da parte delle stazioni centrali del cervello, incrementando la capacità di comunicazione e di percezione.

Tale riabilitazione viene seguita da un logopedista esperto in materia, in collaborazione con l’audioprotesista e con il medico audiologo. Gli specialisti svilupperanno un programma di “allenamento” personalizzato per ogni situazione mirato al conseguimento della massima rendita in termini di miglioramento degli apparecchi protesici.

Come si svolge il training acustico

Di norma il training acustico inizia con compiti semplici. Un esempio è il riconoscimento dei suoni, che consiste nell’ascoltare un suono in modo consapevole senza categorizzarlo direttamente. Così le sinapsi del cervello vengono allenate e preparate a portare a termine anche i compiti più complessi.

Fasi successive saranno l’identificazione della direzione da cui proviene il suono e la comprensione di singole parole e successivamente di intere frasi in un ambiente con bassa rumorosità. Se queste fasi vanno a buon fine, il paziente verrà poi allenato a distinguere e a comprendere parole e frasi anche in ambienti più rumorosi. L’obiettivo è far sì che il cervello sia nuovamente capace di percepire in modo selettivo i suoni, distinguendo i suoni importanti da quelli non importanti e di ristabilire la sensazione di ascolto originaria.

In concreto vengono allenate e rafforzate attivamente le seguenti abilità:

  • attenzione e concentrazione uditiva
  • strategie di ascolto e comunicazione
  • comprensione di parole e frasi
  • ascolto selettivo
  • distinzione della frequenza e dell’altezza dei suoni
  • distinzione di parole con suoni simili

È importante anche che gli apparecchi acustici vengano indossati quotidianamente, quanto più spesso e a lungo possibile, preferibilmente per almeno 8 ore al giorno. Inoltre, trattando tempestivamente la perdita dell’udito si ottengono risultati migliori, poiché il cervello non ha ancora perso la capacità di interpretare molti suoni.


Foto copertina: shurkin_son – it.freepik.com

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dott.ssa Chiara Amato

Specialista in Audiologia e Foniatria. Si è specializzata con la lode presso l’Università degli studi di Catania e durante il percorso di studi ha approfondito tale disciplina presso l’ospedale Cà Foncello di Treviso, afferente all’Università degli studi di Padova. Si occupa della diagnosi, della cura e della riabilitazione di patologie uditive e di disturbi del linguaggio e della deglutizione.

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