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Otosclerosi: cos’è, come si manifesta, come si cura

L’otosclerosi rappresenta una tra le più comuni cause di sordità e acufeni nell’adulto.

Si tratta di una condizione che manifesta una certa familiarità, potendosi presentare all’interno della stessa famiglia anche dopo generazioni. A essere maggiormente colpite sono le donne (l’incidenza è quasi doppia rispetto al sesso maschile) in giovane età manifestandosi clinicamente in una larga percentuale di casi tra i 21 e i 30 anni ed essendo nella maggioranza dei casi a sede bilaterale.

Cos’è l’otosclerosi

Da un punto di vista anatomopatologico l’otosclerosi è una patologia ossea che colpisce la capsula otica dell’orecchio, caratterizzata da fenomeni di riassorbimento osseo seguiti da un processo di sclerosi e ossificazione. Tali processi di ossificazione possono interessare qualunque parte della rocca petrosa (porzione dell’osso temporale in cui è contenuto l’organo dell’udito) ma alcune regioni sono colpite più frequentemente rispetto ad altre. La lesione che viene riscontrata più di frequente è a livello della finestra ovale (e della platina della staffa) seguita dalle finestra rotonda. Ne consegue la crescita di osso che si porta a obliterare la finestra ovale provocando così una riduzione dello spostamento dell’endolinfa in seguito a stimolo sonoro e alla fissità della platina della staffa sulla finestra.

L’orecchio medio non sarà quindi in grado di trasferire in maniera accurata le onde sonore raccolte dall’ambiente esterno all’orecchio interno. Esiste inoltre anche l’otosclerosi cocleare: in questo caso i focolai di osteospongiosi non intaccano la catena ossiculare o la finestra ovale ma interessano solo la coclea, distruggendo il tessuto nervoso deputato alla raccolta e alla trasduzione delle informazioni uditive.

Come si manifesta

L’otosclerosi è caratterizzata da un decorso clinico in genere molto lento, sono rari i casi caratterizzati da un rapido peggioramento. In genere il sintomo cardine è rappresentato dalla perdita uditiva e l’esordio è unilaterale, per poi coinvolgere entrambi i lati durante la sua progressione. L’ipoacusia è inizialmente di tipo trasmissivo, ossia esclusivamente dovuta ad un’alterazione dei meccanismi di conduzione delle onde sonore all’interno delle strutture dell’orecchio.

La perdita uditiva è secondaria alla fissità della platina della staffa alla finestra ovale ed evolve molto lentamente, con un peggioramento osservabile nell’arco di mesi o addirittura anni, spesso con periodi di stabilizzazione tra un peggioramento e l’altro. Con l’avanzare ed il peggiorare della patologia tende a trasformarsi in una ipoacusia dapprima di tipo misto e infine di tipo neurosensoriale in seguito alla sofferenza delle cellule nervose cocleari.

In un’ampia percentuale di pazienti con otosclerosi si manifesta anche acufene, la cui intensità aumenta con il peggioramento della patologia di base.

In alcuni casi possono manifestarsi anche attacchi ricorrenti di vertigini oggettive (come se la stanza ci girasse intorno) e sensazione di instabilità.

La diagnosi

La diagnosi di otosclerosi è spesso semplice e viene subito sospettata in caso di sordità in persone giovani, soprattutto di sesso femminile, nei casi in cui si evidenzia agli esami una sordità di trasmissione in presenza di una membrana timpanica integra e priva di lesioni. Se c’è familiarità per la patologia la diagnosi è quasi certa, in questi casi l’audiometria tonale e la timpanometria ne daranno certezza. Nei casi più complessi, ad esempio negli stadi iniziali della malattia, nelle forme di otosclerosi cocleare pura (caratterizzate da una ossificazione della coclea risparmiando la staffa e la finestra ovale) o nei casi dubbi una TAC potrebbe confermare o escludere la diagnosi. Ma vediamo tutto con ordine.

Spesso l’elemento che spinge il paziente a richiedere un consulto con lo specialista audiologo è la perdita di udito. Il paziente riferisce un paradossale miglioramento della capacità uditiva in ambienti rumorosi (effetto che viene chiamato paracusia di Willis). A volte vengono riferiti anche acufeni e, raramente, vertigini.

Lo specialista dopo aver raccolto tutte le informazioni anamnestiche, aver indagato sull’esordio di questa sintomatologia, sulla eventuale presenza di casi simili in famiglia, effettuerà un accurato esame obiettivo con lo scopo di evidenziare lesioni a carico della membrana del timpano o raccolte mucoidi o purulente all’interno dell’orecchio medio. Verranno poi effettuati tutti gli esami strumentali utili alla conferma della diagnosi: esame impedenzometrico con studio dei riflessi stapediali e esame audiometrico tonale.

La timpanometria evidenzia la normale funzionalità della membrana timpanica: si avrà una curva ad adeguata compliance che rispetta i fisiologici valori pressori al picco; associato a un normale timpanogramma si avrà spesso l’assenza del riflesso cocleo-stapediale: la fissità della platina della staffa alla finestra ovale comporterà una ridotta efficacia del muscolo stapedio che quindi non si renderà evidente all’esame. A questa situazione si associa un esame audiometrico caratterizzato da una ipoacusia di trasmissione o mista. In caso di dubbi la conferma diagnostica verrà data dall’esame di imaging, in questo caso la TAC, che evidenzierà le lesioni osteospongiotiche e le ossificazioni a livello cocleare.

Come si cura l’otosclerosi

La principale opzione terapeutica è rappresentata dall’intervento chirurgico il quale si pone l’obiettivo di ristabilire la normale mobilità della catena timpano-ossiculare nella finestra ovale. L’intervento usualmente praticato è la stapedotomia che consiste nella sostituzione della porzione superiore della staffa con una microprotesi che va ad articolarsi sull’incudine da una parte e sulla finestra ovale dall’altra. Tale trattamento ha in genere breve durata e può essere eseguito anche in anestesia locale. L’intervento chirurgico deve tuttavia essere preso in considerazione solo nel caso di sordità pari o superiori a 30dB non essendo consigliabile nel caso di ipoacusie lievi in cui si preferisce tentare la terapia medica ed osservare l’evoluzione del quadro clinico.

L’intervento è sconsigliato nel caso in cui:

  • debba essere operato l’unico orecchio funzionante (per quanto minimo il rischio di avere una perdita importante di udito bilaterale è da evitare senza dubbio in quanto andrebbe a danneggiare ulteriormente il paziente)
  • insuccesso di un precedente intervento per otosclerosi
  • otosclerosi cocleare
  • età avanzata, disturbi della coagulazione e presenza di concomitanti patologie

Possibili complicanze dell’intervento sono rappresentate da:

  • perforazione della membrana del timpano, dalla resezione della corda del timpano (con perdita della sensibilità gustativa spesso transitoria),
  • formazione di fistola perilinfatica (rappresenta una complicanza tardiva come conseguenza della retrazione cicatriziale della neomembrana),
  • paralisi facciale postoperatoria che può comparire immediatamente dopo l’intervento come conseguenza di un trauma o di una infiammazione del nervo facciale e che si risolve solitamente entro i 2 mesi.

Raramente è possibile che l’intervento non sia in grado di ristabilire la funzionalità uditiva (nel 2% dei casi l’udito viene recuperato solo parzialmente) ed è possibile che dopo la chirurgia l’acufene resti presente, non scomparendo.

Nel caso di otosclerosi cocleare l’intervento chirurgico è controindicato in quanto non avrebbe la possibilità di ristabilire la corretta anatomia funzionale dell’orecchio, necessaria ai fini del funzionamento dell’organo dell’udito. In questo caso è possibile applicare una protesi acustica così da migliorare le capacità uditive o, in caso di patologia avanzata che non permette l’utilizzo di protesi, lo specialista potrebbe consigliare l’applicazione di un impianto cocleare.

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