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apparecchi acustici open ear resound

Apparecchi acustici ‘open ear’ a orecchio aperto

Quale è stata l’innovazione più importante negli ultimi 30 anni nel mondo degli apparecchi acustici? Se rivolgiamo questa domanda agli audioprotesisti le risposte saranno molte e variegate. Qualcuno citerà il passaggio alla tecnologia digitale, altri l’estrema riduzione delle dimensioni che ha portato gli endoauricolari a sparire nel condotto acustico, sicuramente non mancheranno le voci a sostegno delle batterie ricaricabili che negli ultimi anni stanno soppiantando le pile usa e getta. Non mancheranno pure i sostenitori della connessione wireless a 2.5 GHz e della attualissima possibilità di regolazione degli apparecchi da remoto, in videoconferenza.

Ma a pensarci bene, la vera rivoluzione è partita da un piccolo apparecchio dall’estetica abbastanza anonima presentato quasi in sordina nella primavera del 2003 dalla danese GN Resound.

Apparecchio acustico Resound Air

La caratteristica del Resound Air, così si chiamava, era di essere un retroauricolare, cioè da posizionare dietro al padiglione e munito di un sottile tubicino semirigido che portava il suono amplificato all’ingresso del condotto senza ostruirlo.

Era quasi una eresia nel mondo degli apparecchi, allora dominato dai piccoli endoauricolari perché tutti gli utenti ambivano “all’invisibilità” quasi senza troppo considerare la soddisfazione d’uso.

“Ero scettico ma un collega me ne aveva parlato bene. – ci racconta Luca Del Bo, ingegnere biomedico e audioprotesista – Cosi decisi di farlo provare a un signore di 55 anni, un dirigente d’azienda con una perdita modesta ma molto interessato a non perdere una parola nelle comunicazioni di lavoro. Dovetti faticare non poco a convincerlo perché era già orientato verso un endoauricolare a scomparsa, ma alla fine accettò di provarlo per una settimana. I giorni passarono e quando il paziente entrò nella mia stanza notai la tipica espressione in viso che contraddistingue chi è soddisfatto della scelta. Il dirigente era contentissimo, l’apparecchio era leggero al punto da dimenticarselo addosso ma il vantaggio più importante era nell’ascolto delle voci adesso chiare e definite.” 

Il piccolo Air con la sua custodia dal design a forma di nuvola era destinato a segnare una nuova stagione nel sonnolento mondo audioprotesico: l’epoca delle applicazioni a orecchio aperto, l’open fitting per dirla in inglese era inziata.

Il trucco geniale dell’Air era proprio lasciare completamente aperto il condotto, cosa che elimina i rimbombi degli apparecchi endo o retroauricolari tradizionali e che rende l’applicazione facile e immediata anche per chi non ha mai indossato un apparecchio prima. Ora gli open fitting coprono oltre il 70% delle applicazioni, sono il best seller per tutti i produttori di apparecchi e i preferiti dagli audioprotesisti.

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